Dik

Pro Albo Sansovini

Rejone de Dik est galu dudosa,
Si abberu-òmine fit de osadìa;
Ma tzerta est, in logu, sa sua losa:
A curtzu Bologna, no est affaltzìa.
L'ant mortu fascistas, zente odiòsa,
Ca attentadu-aìat a sa tirannìa
De unu cabu, cun Gap de Cesena;
Sàmbene pitzinnu in donzi vena.

🆅 Dal sito http://vocabolariocasu.isresardegna.it/lemmi.php
Rejone: argomento.
Dudosa: dubbiosa.
Osadìa: prepotenza.
Losa: sepoltura.
A-curtzu: vicino, presso.
Affaltzìa: falsità.
Mortu: ucciso.
Aìat: aveva.
Cabu: capo.
Sàmbene: sangue.
Pitzinnu: ragazzo, giovane.

Dal sito https://memorieresistenti.it
Una foto di Albo Sansovini, dal Fondo Anpi- Istituto Parri, Bologna.

🆂 Dal sito https://www.memorieresistenti.it
Albo Sansovini nacque a Forlì il 3 gennaio 1925, secondo di quattro figli di Francesco. Era residente in città, nella frazione di Villa Ronco e faceva l’operaio.
Fu riconosciuto partigiano dalla “Commissione regionale riconoscimento qualifica partigiani Emilia-Romagna” dal 10 settembre ’43, quando si avvicinò alla Resistenza, aderendo poi all’8ª brigata Garibaldi ed assumendo come nome di battaglia Dick, nel gruppo comandato da Libero, cioè Riccardo Fedel, un discusso capo partigiano di origine triestina, la cui vicenda, in tutte le sue pieghe, rappresenta ancora oggi un argomento caldo per gli storici che si occupano dei temi relativi alla Resistenza in Romagna. Fedel, infatti, fu aspramente criticato per la condotta dei suoi uomini, per i rapporti con l’organizzazione complessiva delle forze partigiane e per la sua etica resistenziale, da alcuni suoi compagni messa in dubbio, tanto che pare ormai assodato che fu ucciso da alcuni di loro.
Chi mise in discussione Libero, mise in discussione anche il comportamento di alcuni suoi uomini, tra cui Dick, criticato per la giovanile tracotanza dimostrata in occasioni inopportune, come durante operazioni partigiane delicate.
Noi ci limitiamo a riportare le informazioni, ripetendo che la questione è controversa.
Albo Sansovini, finchè rimase con Libero, fu operativo nella zona di Pieve di Rivoschio e Santa Sofia, dove con alcuni compagni, tra l’altro, fu incaricato di una missione di rifornimento di armi che non arrivarono mai a destinazione, secondo alcuni per superficialità ed imprudenza, ma anche perché i partigiani furono intercettati da un reparto fascista. Passò successivamente in pianura ai primi di gennaio del ‘44, entrando a far parte dei GAP cesenati.
Coinvolto nell’attentato al vice segretario del fascio di Cesena, Pier Francesco Moreschini, fu ferito e catturato. Arrestato a Casola Valsenio (prov. di FO) il 15 aprile 1944, poi rinchiuso nel carcere di Forlì, fu torturato a lungo nell’intento di farlo parlare. In seguito, il 5 giugno, fu trasferito a Bologna, a san Giovanni in Monte a disposizione del comando SS.
Con lui furono portati a Bologna anche altri partigiani romagnoli (Bertaccini e Ghelfi), che poi saranno tra le vittime di un altro eccidio, quello di Cibeno, nei pressi di Carpi.
Albo, invece, con i partigiani modenesi ricordati sopra, verrà fucilato al Poligono di Tiro di Bologna il 26 giugno 1944, a diciannove anni.

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